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Torna il CeSMA con la “pace” fra Douhet e Nobile sui dirigibili e il premio ANPAN al Gen. Mainini

Aggiornamento: 27 feb 2022

«Dopo due anni, la fenice risorge», ha esclamato con gioia il Gen. S.A. (c) Giulio Mainini, Presidente Nazionale dell’Associazione Arma Aeronautica – Aviatori d’Italia, ed è la verità: il 22 febbraio, la Sala Baracca della Casa dell’Aviatore a Roma era piena, in occasione del grande ritorno delle iniziative del CeSMA, il Centro Studi Militari Aeronautici dell’A.A.A., con l’evento “Il più leggero dell’aria – dai dirigibili alle piattaforme stratosferiche”. Ed è solo l’inizio: il Gen. Isp. Capo (r) Pietro Finocchio, direttore del CeSMA, ha annunciato che per il resto del 2022 è previsto un evento al mese, ricordando contestualmente come il vecchio sito del Centro Studi (www.cesmamil.org) resterà online soltanto come “archivio storico”, complementare al nuovo sito, integrato nel portale ufficiale dell’Associazione (www.assoaeronautica.it/cesma). L’incontro è stato moderato dal Prof. Gregory Alegi e introdotto dal “chairman” Gen. Isp. Capo Basilio di Martino. Il tema trattato, hanno spiegato, è particolarmente “sentito” da tempo: i velivoli cosiddetti “più leggeri dell’aria”, con il dirigibile come principale esponente, analizzati nella loro dimensione storica e tecnologica tra passato, presente e futuro, anche per studiarne i possibili impieghi concreti attuali in ambito civile e militare.


Il CeSMA è intitolato a Giulio Douhet, teorico del “dominio dell’aria” e nel cui Villino a Roma ha sede la Presidenza Nazionale dell’A.A.A. – Aviatori d’Italia. Può sembrare quindi curioso che il Centro Studi del Sodalizio decida di dedicare la prima iniziativa della sua ripresa delle attività proprio ai dirigibili, che Douhet ha da sempre ferocemente osteggiato, ritenendoli inferiori all’aeroplano, da lui ritenuto l’unico vero mezzo per ottenere il “potere aereo”. Ma scopo dell’incontro è anche quello, non dichiarato, di ricomporre una frattura iniziata un secolo fa, con un compromesso tra le due ideologie, facendo idealmente “pace” con uno strumento di cui si iniziano a intravedere le possibilità. A tal proposito uno degli organizzatori dell’incontro, il dott. Claudio Sicolo, ha trasportato la platea in un viaggio nel passato, a partire proprio dalla “zeppelineide” e dal celebre dibattito teorico che ad essa seguì, lo scontro tra la visione di Douhet e quella di Umberto Nobile, difensore del dirigibile, introdotto in Italia proprio alla vigilia dei voli di Wilbur Wright a Centocelle, nel 1909, per “promuovere” l’aereo: voli ai quali assistette proprio Giulio Douhet, affascinato dalle potenzialità del nuovo mezzo.


L’ing. Nicola Bonora, che dirige il Dipartimento di Ingegneria Civile e Meccanica dell’Università di Cassino e del Lazio Meridionale, ha ricordato i principi di funzionamento e le tecnologie degli aerostati – palloni e dirigibili – nel loro sviluppo storico: nei 100 anni di durata dell’“era del dirigibile” si ottennero risultati straordinari pur lavorando con materiali poverissimi, un dato importante da cui partire per cercare di immaginare un nuovo futuro possibile per le aeronavi, tenendo conto della nuova disponibilità di mezzi. Dal principio del galleggiamento di Archimede nel 250 a.C. al pallone aerostatico dei fratelli Mongolfier nel 1782, con la traversata della Manica di Pierre Blanchard in mongolfiera tre anni dopo, dai primi prototipi di dirigibili nella seconda metà dell’Ottocento fino al primo zeppelin rigido nel 1900, il percorso storico ha toccato tutte le tappe più importanti, menzionando anche la tragedia dell’Hindenburg nel 1937, ripresa e trasmessa nei cinegiornali quasi in diretta, con il conseguente impatto mediatico negativo, malgrado il bassissimo numero di incidenti per i dirigibili, che avevano dimostrato di essere capaci di fare la spola tra Berlino e il Perù. Oggi, è necessario un nuovo paradigma per l’ing. Bonora: non bisogna più pensare ad una singola macchina che sappia fare tutto, ma a macchine diverse di varie dimensioni e che possano svolgere diverse funzioni.


Dopo il passato, uno sguardo al presente e all’immediato futuro, con il Col. Marco Galgani dell’Ufficio Spazio dello Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare italiana e gli impieghi del “più leggero dell’aria” nella Forza Armata, che collega quello che fu tra i primissimi mezzi volanti proprio al dominio più recente verso il quale è naturalmente proiettata l’A.M., da sempre: l’aerospazio e tutti i suoi livelli intermedi, dal volo ipersonico a quello suborbitale, ricordando l’importante Progetto San Marco di Luigi Broglio che lanciò il primo satellite italiano nel 1964. Le piattaforme stratosferiche, a tal proposito, si stanno rivelando complementari ai programmi satellitari classici, per i costi molto più bassi, la versatilità e l’alta persistenza anche per lunghi periodi, utilizzabili tra le altre cose per l’osservazione della Terra e la sorveglianza, il meteo e la guerra elettronica, anche per eventuali operazioni militari internazionali a seguito di accordi bilaterali. A novembre 2020 è stato siglato un accordo quadro di collaborazione tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’Amministrazione Difesa e il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) per la realizzazione di un dimostratore tecnologico di piattaforma stratosferica ibrida tattica, con un ancor più recente accordo attuativo tra A.M. e CNR per il relativo sviluppo e testing.


L’ing. Francesco Cairo, in rappresentanza proprio del CNR, ha integrato il discorso del Colonnello con una fotografia dello stato della ricerca, illustrando il progetto delle High Altitude Platform Stations (HAPS) e le nuove capacità che possono impiegare per le scienze della terra, dal grande potenziale competitivo che rivaleggia con le costellazioni satellitari di CubeSat, capace di colmare le lacune tra le osservazioni delle piattaforme esistenti e di fornire una dimostrazione rapida di futuri sensori satellitari. Molti campi di ricerca potranno beneficiare di una simile piattaforma osservativa, dai processi nell’alta troposfera e bassa stratosfera al bilancio della radiazione terrestre, dal ciclo dei gas serra e dell’acqua alla qualità dell’aria, dalla geofisica a clima, ecosistemi e cambiamenti climatici, passando per il monitoraggio dell’ambiente umano e dei suoi manufatti, senza dimenticare il controllo dei fenomeni sismici mediante un radar ad apertura sintetica sfruttabile con persino maggiori possibilità rispetto ai satelliti tradizionali. Molto interessata al tema è l’azienda ELT – Elettronica, che ha da poco celebrato i 70 anni di attività e che si è mostrata molto disponibile alla collaborazione con il CeSMA: un suo rappresentante, l’ing. Alessandro Bozzo, ha spiegato come Elettronica si stia approcciando ad un nuovo campo, quello delle missioni SIGINT (Signal Intelligence, lo “spionaggio di segnali elettromagnetici”) nell’ambiente stratosferico ad opera dei sensori delle piattaforme, che potranno intercettare ed analizzare dati e informazioni, raccogliendole e trasmettendole alle basi a terra.


“Prossimità e Persistenza” sono le parole d’ordine per un nuovo paradigma di osservazione della Terra, anche alla luce dei finanziamenti del PNRR come spiegato da Roberto Borsa, Direttore Innovazione e Comunicazione del CIRA (Centro Italiano Ricerche Aerospaziali). Fuori dalla Sala Baracca è stato esposto il modello di una piattaforma stratosferica del CIRA per l’osservazione terrestre: l’Hybrid High Altitude Airship, utile sia per operazioni di sicurezza nazionale interna che per la sorveglianza dei confini e il salvataggio di vite umane nei nostri mari, sorvegliando anche possibili sversamenti inquinanti in cave e discariche e riuscendo addirittura ad analizzare i “segnali” inviati da piante ed altri bioti e organismi, capaci di rivelare la presenza di sostanze patogene. Il CIRA sta lavorando anche ad altri due modelli di piattaforme ancor più avanzati, per valorizzare il vantaggio competitivo nazionale nei settori complementari delle piattaforme stratosferiche e delle applicazioni “biospace”, anche basate su una tradizione italiana d’eccellenza nel campo della botanica e della biochimica.


Collabora con il CIRA anche Giuseppe Persechino, – Responsabile “Sistemi ed Applicazioni per l’Osservazione della Terra”, che ha illustrato le nuove opportunità per il segmento upstream spaziale, con un approccio sistemico che ha tenuto conto di logistica e aeronavigabilità, mediante uno studio approfondito e confronti dettagliati tra le varie realtà mondiali come le airship e Stratobus di Thales Alenia Space e l’innovativo – anche per i materiali utilizzati - dirigibile svizzero SCEYE o il pallone Loon per la connessione internet in Kenya, elencando i vari successi e insuccessi nel campo del riutilizzo degli eredi del “più leggero dell’aria”, senza omettere possibili problemi, barriere e condizioni per il loro impiego ottimale: i fallimenti del passato, ha ricordato, rappresentano un monito e una sfida. La macchina ibrida di cui è stato esposto un esemplare alla Casa dell’Aviatore può rappresentare una piattaforma tattica italiana, di costi e dimensioni contenute senza andare a discapito della sicurezza, che può essere lanciata anche da una nave, partendo come pallone stratosferico ibridato con un’ala fissa.


Quando si parla del “più leggero dell’aria” non si può non menzionare l’Associazione Dirigibili Archimede, ente senza scopo di lucro che si propone di stimolare l'interesse verso le tecnologie e le possibilità di utilizzo dei dirigibili, nonché di diffondere informazioni e conoscenze sulla storia, la situazione attuale e le prospettive future di questo mezzo. Un suo rappresentante, il dott. Nicola Masi, ha spiegato l’opera di comunicazione, promozione e valorizzazione dei dirigibili, per i loro impieghi e la loro tecnologia, tanto interessante quanto poco conosciuta ai più, anche mediante il sito www.dirigibili_archimede.it: l’associazione possiede inoltre due dirigibili unmanned, che consentono di mostrare agli interessati le concrete possibilità del mezzo. Trasporti, turismo a breve raggio, ricerca scientifica atmosferica, telecomunicazioni e osservazione, monitoraggio, sorveglianza e ricognizione nel rispetto dell’ambiente e per una “clean aviation”: sono solo alcuni tra i vari impieghi dei dirigibili, vere opportunità “dual use” civili e militari, per quanto non in senso stretto di combattimento sul campo. I tempi sono cambiati e si va verso una riscoperta di un mezzo fin troppo bistrattato finora, con la sperimentazione di una tecnologia parzialmente dimenticata e di vecchi e nuovi impieghi e modelli di business.


Nel primo evento del 2022 del rinnovato CeSMA c’è stato spazio anche per un intervento dell’ANPAN (Associazione Nazionale Personale Aero Navigante) con il suo Presidente-Comandante Adalberto Pellegrino, che ha voluto premiare il Presidente Nazionale Mainini in qualità di figura rilevante per l’ambiente dell’aviazione italiana, al quale ha dato un impulso non solo con la sua prestigiosa carriera aeronautica, ma anche per le sue iniziative di aggregazione, sia con il Macchi Pilot Club che nell’Associazione Arma Aeronautica, con l’inserimento nel nome dell’Associazione delle parole “Aviatori d’Italia”, che ampliano ulteriormente il campo d’azione del Sodalizio. Il Presidente Giulio Mainini, nel ringraziare i “colleghi” per il premio, ha promesso loro una sorta di “gemellaggio” in occasione dei lavori preparativi per il Centenario dell’Aeronautica Militare nel 2023.


Alcune foto sono di: Santo Cucè



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